lunedì 28 marzo 2011

La foto di Arturo


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Adesso Arturo sta pensando a come impostare la sua avventura elettorale, ma Arturo di campagne elettorali non è che ci capisca granché. Arturo ha sempre invitato a votare per un’idea, per un simbolo, per un progetto. Promuovere se stesso, per Arturo, è una novità.
Arturo ha pensato a un foglio, formato A4, una paginetta insomma, dove scrivere in sintesi, di se stesso: chi è, cosa ha fatto, come è (o almeno come lui stesso si vede) e soprattutto cosa significhi per lui la politica, con l’aggiunta di qualche sogno. Soprattutto vorrebbe spiegare il motivo della sua candidatura.
Arturo poi si è chiesto: ma ci metto una foto mia sulla paginetta?
Ad Arturo è venuto naturale pensare alla carta d’identità, in fondo una candidatura è un atto formale. No, troppo fredda, occhi sparati, sguardo da ricercato da tutte le polizie del mondo.
Ad Arturo potrebbe venire in mente una foto con sguardo ammiccante e sorriso tipo “lasciafareamechesonoiltipogiusto”. E poi la moglie di Arturo chi la sente: “sembri un imbecille”.
Ad Arturo viene in mente che i capelli, e i baffi, sono grigi e galoppano verso il bianco. Potrei tingerli e avere un aspetto più giovanile. Invece di rottamarmi mi ripristino. Impensabile, Arturo non se la sente di affrontare i commenti dei suoi figli: “Pà, sei ridicolo. Se continui così ti fai un mutuo per il lifting”.
Un’idea sarebbe una bella foto, tipo piano lungo, quello che usano nei film western quando girano la scenadei duello finale. Arturo si vede arrivare, passo deciso verso la meta, verso il momento decisivo, la morte o la gloria. Si sarebbe bello, ma a pensarci, cacchio, si tratta solo di candidarsi in circoscrizione. Siamo fuori contesto, meglio lasciar perdere.
Arturo potrebbe mettere la foto di quando era bambino, quando tutte ste menate della foto non c’erano oppure chiedere a sua moglie di scattargli una foto e chiudere la questione.
Sono tempi difficili, grossi dubbi ci assillano.
Si possono fotografare i tempi difficili?

venerdì 25 marzo 2011

L'articolo 11 e il comma che non c'è


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L’articolo undici della nostra Costituzione recita così:


L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Un articolo nobile che ti qualifica come paese, ti fa sentire orgoglioso di essere italiano, a volte capita. Un articolo, a mio parere, incompleto. Provo a spiegare perché.
Non ci sono più le guerre d’invasione e di conquista, non ci sono più i Napoleone, gli Hitler e le guerre coloniali. Quelle guerre che, probabilmente, hanno ispirato l’articolo undici.
Gli ultimi interventi militari hanno coinvolto paesi legati alla produzione o alla commercializzazione di materie prime: l’Irak, l’Afghanistan, la Cecenia per dirne alcuni, e oggi la Libia. Il petrolio oggi e domani, se si continuasse a puntare sull’energia nucleare, l’uranio.
Le guerre evidentemente nascono per interessi esclusivamente commerciali, dietro la pretesa di esportare la democrazia, dietro la dichiarazione di sostegno a popoli che si ribellano, intervenendo di solito a genocidio quasi compiuto.
La politica internazionale è quindi al servizio di interessi commerciali e di uno sviluppo economico che, per forza di cose, prevede la guerra.
Noi, da questa sponda del fiume, amiamo la pace e siamo ovviamente contro la guerra. Lo dichiariamo, manifestiamo ed esponiamo le bandiere colorate. Noi stiamo dalla parte di chi si ribella per chiedere diritti e democrazia e dibattiamo sull’intervento del nostro paese in uno scenario che prevede le bombe da sganciare.
Noi amiamo la pace, ma arriviamo dopo. Noi amiamo la pace, di solito, solo quando siamo coinvolti.
Invece dovremmo agire prima facendo politica, dimostrando l’amore per la pace con fatti concreti. E vengo alla proposta. Concretezza sarebbe proporre una modifica alla Carta Costituzionale aggiungendo un semplice comma all’articolo undici:
“L'Italia ratifica accordi bilaterali, di natura politica e commerciale, solo con paesi che garantiscono ai propri cittadini i diritti previsti dalla dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.”
Non so se questo comma da solo risolverebbe la questione, di sicuro non avrebbe consentito al governo Berlusconi di firmare un pesante accordo con Gheddafi.
Anzi, magari avrebbe spinto Gheddafi a riformare il suo regime, perché, è noto, che il cliente ha sempre ragione.
Sogno? Può darsi, ma ditemi se ci sono alternative.

martedì 22 marzo 2011

L’Italia migliore è in corso Marconi



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A Torino i genitori di una scuola pubblica si organizzano in un’associazione  e ridipingono le pareti.
A Torino i consiglieri del PDL eletti in regione propongono una legge che vorrebbe destinare soldi pubblici e a fondo perduto alle scuole private da destinare a lavori di ristrutturazione.
L’Italia migliore è in corso Marconi a Torino.

lunedì 21 marzo 2011

Slow, candidatura lenta


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La mia circoscrizione è la Otto di Torino, quella che include  il quartiere San Salvario. Dove abito.
Quello con tanti colori
Gianni Mura è giornalista sportivo, corsivista e scrittore. E’ considerato l’erede naturale di Gianni Brera. Gianni Mura ha inventato, ispirandosi al “cibo lento” di Carlin Petrini, lo Slow Foot. Slow Foot è la nostalgia del calcio anni ‘60 e ‘70. Il gesto tecnico contrapposto alla muscolosità del calcio attuale. Il ritmo ragionato e geometrico contrapposto alla velocità ossessiva. Slow Foot è nostalgia del goal dal calcio d’angolo, del tiro ad effetto, del pallonetto e del passaggio millimetrico. Slow Foot è il numero sulla schiena che ti spiega il ruolo in campo: il regista con il 10, il centravanti con il 9, il mediano con il 4 e così via. A me piace slow. Slow dovrebbe essere la politica. Perché Slow è pensare, preparare, rispettare i ruoli, mettersi a disposizione, rispetto per l’etica, obiettivi chiari e condivisibili. Slow è il bene pubblico: l’acqua, l’aria, il sole, la scuola, la cultura, la pista ciclabile, il tram, il parco. Slow è il contrario del berlusconismo che è fast. Fast è il faccione sui manifesti o slogan di quart’ordine o di dubbio gusto o nuovi miracoli italiani. Fast è l’interesse personale, a prescindere e a tutti i costi. Fast è la privatizzazione dell’acqua, il cemento con la sabbia, il diverso da te, l’abuso edilizio, il furbetto del quartiere.
Fast, a volte, è purtroppo anche sulla mia sponda del fiume, e questo non mi piace.
Slow sarà la mia candidatura nella lista PD alle prossime elezioni che rinnoveranno il consiglio di circoscrizione. Con la mia candidatura, se gli iscritti del mio circolo approveranno, vorrei portare un po’ di normalità e di sana passione in politica.
Lo faccio semplicemente, senza ambizioni personali.
Io ci provo. Ci provo slow. Vi farò sapere.

domenica 20 marzo 2011

E’ la pace che prepara la guerra


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 La guerra fa schifo, non è fiction quello che vediamo in TV. Sono aerei e missili che vanno a bombardare, moriranno persone, stanno morendo persone. E si comincia a commentare la guerra: i pro, contro, gli indifferenti. Il governo (?), la lega, l’opposizione. Solito tragico film, niente di nuovo. Si commenta la guerra e si dovrebbe discutere di pace. Questo tipo di pace. Una pace incompiuta, una pace scadente, una pace che non ha prospettive. Perché è la pace, questo tipo di pace, che prepara la guerra. Perché le Nazioni Unite dovrebbero darsi un codice etico con il quale certificare i paesi che ne possono fare parte. Perché i trattati si dovrebbero siglare con paesi che garantiscono i diritti politici e civili ai loro cittadini. Perché la guerra si evita facendo qualche rinuncia in termini di consumo di energia: indossando un maglioncino di lana in casa d’inverno e spegnendo i condizionatori d’estate. Il mondo occidentale è un mondo di consumatori che possono decidere le sorti del mondo intero. Facciamo una class action contro la guerra, perché la pace prepara la guerra oppure ti regala il futuro.
Il mondo occidentale è un mondo di elettori che ai partiti dovrebbero chiedere la pace, quella che ti regala il futuro.

venerdì 18 marzo 2011

Spergiuri


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Prima di assumere le funzioni, il Presidente del Consiglio e i Ministri devono prestare giuramento secondo la formula rituale indicata dall'art. 1, comma 3, della legge n. 400/88. Il giuramento rappresenta l'espressione del dovere di fedeltà che incombe in modo particolare su tutti i cittadini e, in modo particolare, su coloro che svolgono funzioni pubbliche fondamentali (in base all'art. 54 della Costituzione).
"Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell'interesse esclusivo della nazione"

martedì 15 marzo 2011

Niente è lontano

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Niente è lontano, tutto è drammaticamente vicino. 
Ci dicono che è l’onda emotiva, come se le emozioni non contassero niente. 
Non ci dicono che sarebbe meglio amarlo, accudirlo e ripensarlo il pianeta, perché a loro non conviene.
Diciamolo noi, facciamolo noi perché niente è lontano, ma è tutto drammaticamente vicino.
Anche il futuro.

domenica 13 marzo 2011

Madamina, il dibattito è questo, ma dovrebbe essere un altro.


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Dopo la tragedia, anzi a tragedia ancora in corso, il dibattito verte sul nucleare. I si e i no si sfidano a singolar tenzone.  Destra e centro contro sinistra e ambientalisti. 
La questione credo sia un altra.
Credo che dovremmo porci un’altra domanda, la domanda: ne vale la pena? Non sarebbe ora di ripensare al modello sociale verso il quale si sta andando? Il nucleare, il petrolio, lo sfruttamento eccessivo delle risorse del pianeta, il sottrarre terra alle coltivazioni, gli abusi edilizi, tutto questo a chi giova?
Per cosa sono morte le vittime del nucleare in Giappone?
Per produrre una Toyota Rav4 in più che gira in città?  Per produrre un TV Led 3d in più? Per avere a disposizione nei supermercati scaffali pieni di prodotti di cui possiamo fare serenamente a meno?
Ripensare a un modello di civiltà alternativo e umano, sarebbe il modo migliore per rispettare quei morti e, anche, il modo migliore per tornare a fare politica davvero.

sabato 12 marzo 2011

Il mio tricolore


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Il tricolore qualcuno lo espone, qualcuno no e tra chi lo espone ci sono differenze profonde.  Ci sono differenze di valori che quel tricolore dovrebbe rappresentare.
Quelli che non lo espongono si sanno chi sono, sono quelli verde acido, quelli che vogliono essere padroni a casa loro che poi è anche nostra. Tra quelli che lo espongono ci sono anche quelli che il tricolore lo usano e basta, con una retorica priva di futuro e che tende a fotterti.
Non è di questi che voglio parlare.
Voglio parlare del tricolore che sarà sul mio balcone.
Il tricolore del mio balcone io vorrei rappresentasse un popolo che si tiene insieme, coeso e che guarda al futuro. Un popolo solidale. Un popolo che difende e attua la Costituzione, un popolo capace anche di aggiornare la Costituzione, per tutti e non per uno o per pochi.
Un popolo che rispetta la storia e non la insulta. Un popolo che accoglie. Un popolo che vuole unirsi in un’Europa compiuta. Un popolo che non scende a compromessi con le mafie e con le clientele. Un popolo che rispetta e difende i beni comuni: la scuola pubblica, il verde, l’aria che si respira e la cultura.
Il tricolore di Pertini e di Vassallo, di Impastato e di Falcone, dei nostri migranti e dei nuovi migranti che italiani saranno, per citarne alcuni.
A Cota e i suoi sodali leghisti rimangano pure nel loro triste e lugubre recinto.
Il mio tricolore è molto più allegro e il verde della bandiera è brillante e vivace come il sorriso di un bambino.

mercoledì 9 marzo 2011

Quelle giovani coppie

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Quando ero bambino, l’Italia ne aveva un centinaio di anni e mio padre mi raccontava dell’ultima guerra mondiale, del gelo russo, delle sponde del Don e di una ferita che gli consentì di ritornare a casa prima della disfatta. Tornò in una casa che non era proprio casa sua ma casa di una giovane e bella donna che diventò la mia mamma.

Perché mio padre, che era pugliese, il periodo più bello della sua vita lo trascorse comandando la difesa dell’isola Gallinara da improbabili attacchi nemici. E fu dalle parti del molo di Alassio che mio papà conobbe mia mamma, amore a prima vista e origini taciute, perché alla mia mamma quelli di laggiù non piacevano e il giovane sergente con i baffi non aveva il coraggio di dirle che arrivava dalle parti di Bari.
Ma si sa che il vero successo di un uomo è piacere alla suocera. Infatti, fu la futura nonna a risolvere il problema quando mio padre, non sapendo cosa fare, si confidò con lei e le raccontò il suo dilemma.
La nonna consigliò di dirle di essere parmigiano, nel senso di Parma, città appena un po’ a sud. Ci sarebbe stato tempo per dichiarare la verità.
E fu così che andò.
Prima di sposarsi mio padre disse tutto a mia mamma, e l’amore sconfisse il pregiudizio. Dopo il matrimonio, i giovani sposi cominciarono, a guerra appena finita, un avventuroso viaggio che avrebbe riportato mio padre a sud e mia madre a esplorare un altro mondo.
Ricordo che la mia mamma, che nel frattempo aveva imparato a fare le orecchiette, mi raccontava che al sud usavano l’olio invece del burro e non trovava da comprare   il parmigiano. Chissà forse fu proprio la passione per il parmigiano che ispirò mia nonna.
Io nacqui dopo qualche anno in Liguria, durante una vacanza estiva, ultimo di tre figli e in Puglia, dove noi abitavamo, finalmente arrivò il parmigiano, per la felicità della mia mamma che lo poteva grattugiare sulle orecchiette con il pesto. Un pasto multietnico che vi consiglio.
Riassumendo mio papà era pugliese, la mia mamma ligure, io e i miei fratelli per una metà liguri e per l’altra metà pugliesi. Italiani interi. Come il parmigiano all’estero, appunto.
La storia di questo paese non è fatta solo di Cavour, Garibaldi e Mazzini, anche mia madre e mio padre han fatto l’unità d’Italia, come tante altre coppie di questo paese, e non saranno dei tristi e blasfemi fazzoletti verdi a smontare ciò che tanti giovani innamorati hanno contribuito a unire.
Oggi, che gli anni sono centocinquanta, quelle giovani coppie andrebbero ricordate.

martedì 8 marzo 2011

Il vero bollettino medico

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Arturo è venuto in possesso del vero bollettino medico emesso dopo l'intervento chirurgico effettuato a Silvio Berlusconi il 7 marzo 2011. Alla stampa è stato diffuso questo che è palesemente falso.
Il vero bollettino medico:

L’umore del Presidente è ottimo, prima dell’intervento ha palpato il sedere a tutte le infermiere presenti in sala e preteso il bacio della buona notte prima dell’anestesia. Si mostrato invece preoccupato per il fatto di non poter essere presente giovedì a un bunga bunga party, ma ha dichiarato che farà di tutto per esserci. Berlusconi, ha spiegato il dottor Zangrillo, è stato operato in una clinica privata milanese dal professor Massimo Mazza, il premier ha molto ironizzato sul cognome del chirurgo. L’intervento è pienamente riuscito. "Si è trattato di un’operazione di chirurgia maxilofacciale con l’obiettivo di ripristinare l’alterata faccia da fondo schiena e la conseguente alterazione funzionale della masticazione, che gli provocava anche dolore, conseguenti all’impatto subito nel dicembre del 2009 quando il Presidente, in piazza del Duomo, venne colpito da una bomba a mano lanciata da Di Pietro. Le condizioni del premier sono buone e soddisfacenti, svegliandosi ha chiesto il numero di telefono delle infermiere. Poi si è fatto portare uno specchio e una foto di Gasparri per giocare al più bello del reame. “Bravo chirurgo, son sempre io il più bello” ha esclamato. Era un intervento deciso da lungo tempo, il duomo di Milano era ancora in costruzione, ma bisognava trovare una giornata tranquilla: una visita da Israele, sbarchi a Lampedusa, genocidio in Libia. Sono state quattro ore di sala operatoria: si sono perse due ore poiché si stava intervenendo per sbaglio su un’altra parte anatomica risultata eccessivamente flaccida, ma molto somigliante alla parte offesa. L’intervento è stato necessario per riparare il danno anatomico e funzionale prodotto dall’impatto con un boeing 747 pilotato da Gad Lerner. L’intervento in se’ non è stato molto semplice, la tentazione di arrecargli danni irreparabili è stata molto forte. Il premier è stato operato in microscopia infilandogli in bocca Renato Brunetta con la muta da sub. Al fine di evitare danni al tessuto nervoso gli è stata iniettata una dose di gasparrina. Lui è come sempre ottimista e ha messo gli operatori nelle condizioni migliori, le infermiere le hanno fatte denudare tutte in modo da sentirsi a loro e a suo agio. E’ andato tutto per il meglio, si è rimesso le scarpe e ora si sente sollevato.

E’ già stato dimesso, dalla clinica.
Dal governo pensateci voi.

sabato 5 marzo 2011

PDL, Pipistrello della liberta

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Moratti junior, nel senso del figlio di Moratti sindaca che è moglie di Moratti Moratti petroliere che è fratello di Moratti quello dell’Inter,  si è “adattato” un complesso industriale a prima casa. Senza poterlo fare. Questo, in questo paese, è normale. Ci mancherebbe, non è una notizia.  La notizia sarebbe Moratti che fa le cose in regola. Ma quando mai. 
La notizia vera, che è su tutti i giornali, è la casa, nel senso che junior ha ristrutturato casina ispirandosi nientepopòdimenoche a Batman. 
L’uomo pipistrello. In effetti, oddio, guardandoli insieme, sindaca e junior, una certa somiglianza ci sarebbe. 
Vestiteli di velluto scuro, mettetegli un paio di alucce, appendeteli per i piedi su una trave ... e prendete un plasil
Adesso non resta che attendere che inizi la moda della casa ispirata, se ne vedranno delle belle.
Io invece potrei ispirarmi a un urlo liberatorio: ma andate a …… !!!

mercoledì 2 marzo 2011

Democratici di tutto il mondo ...


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Egitto
Tunisia
Libia
Corea del Nord
Yemen
Giordania
Cina
… 
Italia?
E se la politica ci fosse e battesse un colpo?
Abbiamo globalizzato lo yogurt, l’Iphone, la pizza, il sushi e se provassimo a globalizzare democrazia, giustizia, libertà, diritti, lavoro proponendo un’idea di società?
Democratici di tutto il mondo …

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